mercoledì 27 agosto 2008

5,720 metri cubi d'acqua al secondo

500 km, 7 ore e 43$ di bus da NYC a Buffalo downtown e un'oretta di city bus.
Buffalo non sono riuscita a vederla. no time. ma qualcuno dice che Buffalo esiste solo per un motivo. E quel motivo e' la mia meta.
Alle 4, quando arrivo, lo spettacolo vale tutta la fatica di camminare con 30 kg di zaino sulle spalle per 4 ore, senza volersi fermare un secondo.
Sono alle cascate del Niagara, dal lato americano. Uno spettacolo come pochi.
Era da un po' che cercavo di immaginare, non vedevo l'ora di arrivarci.. Torni per un po' a pensare quanto impotente tu possa essere di fronte a tanta forza. A guardarle dalla sponda sembrano solo bellissime, ma neanche tanto potenti, ma puoi avvicinarti quanto basta per capire che brutta fine faresti a trovartici in mezzo. Solo pochi metri prima sembra un fiumiciattolo tranquillo, ma poi cambi idea.. 21 metri di dislivello in Usa e 52 in Canada capaci di muovere 5720 metri cubi d'acqua al secondo, per poi tornare subito a riprendere il proprio corso tranquillo.
Passo 4 ore a camminare su e giu' per la riva per cercare il miglior punto di vista e la prospettiva piu' emozionante. Non mi importano i 30 kg (li comincero' a sentire verso le 8 quando bramero' di trovare l'ostello piu' di ogni altra cosa) e non mi importa neanche la gente mi guardi pensando "poverina". E non pensa "poverina" a caso. Pensa poverina perche' sto camminando con un tedesco incontrato sull'autobus che si trascina agilmente la sua valigia senza preoccuparsi dei miei kg. Siamo gli unici 2 turisti ad avere un bagaglio di tale portarta. E quindi probabilmente sembriamo anche una coppia. E probabilmente la gente pensa che io abbia un fidanzato molto poco premuroso , che conduce la sua valigia con facilita', mentre io mostravo evidenti segnali di affaticamento.
Ma non importa, perche' sono alle cascate del Niagara. E sono belle come immaginavo.
Verso l'ora del sunset e' tempo di cercare il mio letto prenotato in ostello.
10 minuti di zona franca, su un ponte sospeso sulle cascate.
Controllo mille volte di avere il foglietto verde suuuuper importante per tornare indietro. Non vorrei mai rimanere incastrata su un ponte. Ma una volta sicura, attraverso i tornelli..
Sono in Canada!
Ovvio. Non potevo non vederle le cascate anche da quella parte, mi dicono tutte che la vista migliore e' da la'. E per non sbagliarmi io le faccio tutte e due!
La cittadina che mi si presenta e' una Las Vegas in brutta copia, ma si difende. Solo neon e cose inutili. E' la patria del kitch, e la gente sembra andarci pazza. Non penso di aver visto nulla che potesse attirare la mia attenzione se non un miliardo di luci e una ruota panoramica di tutto rispetto. Per il resto era divertente vedere la gente interessata alle peggio cazzate. Ma alla cascate ci stai una notte e quella notte la vuoi esagerata.E' un peccato vedere come tutto sia pensato per far business sull'attrazione, ma io stavolta mi ci sono butatta a capofitto: ho fatto tutto il possibile, compresoo il giro in barca sotto le cascate, la camminata lungo le casctae, i tunnel dentro le cascate. Tutto. Se mi avessero preso e buttato nelle cascate avrei detto di si pure a quello. Con me sono andati a nozze. E come me, tutti quanti i presenti. Ma poco male. Ci stava proprio sta immersione nel turistico pesante! Il lato canadese e' chiamato Horseshoe falls perche' e' a forma di ferro di cavallo. Direi bella vista, meglio che gli USA. Ma dal lato americano ti ci puoi avicinare di piu', quindi per me e' parita'! Completamente fradicia per tutte le attrazioni sostenute e dentro un sacco di plastica che avrebbe dovuto proteggermi dall'acqua ma che non ha funzionato a causa del miei tentativi circensi di fare le foto sotto le cascate, (sacco che mi son tenuta addosso perche' faceva molto turista sfigata), mi avvio a riprendermi lo zaino e a cercare la stazione. Alle 4 nuovo autobus. 17 $. Mi addormento e in un paio d'ore sono a destinazione.

lunedì 25 agosto 2008

1 tappa: la NY che non ti aspetti

Sabato mattina viene D.J. Wagner a prendersi le chiavi di casa, quello a cui ho affitatto la camera. E' un tipo stranissimo che fara' cose stranissime in quella camera. Ma in fondo, I don't care. Non e' piu' camera mia, ho staccato tutte le mie foto dai muri ed e' tornata impersonale. Io sto finendo di chiudere le valigie. Una la lascio da Jon, tutto il resto - almeno 30 kg di fatica - me lo metto in spalla e vado a prendere il Megabus per NYC.
4 ore, 320 km e 16,50 dollari e ci sono. Sbaglio metro un paio di volte, ma mi torna il sorriso quando arriva Uazzi a prendermi a Brooklyn. Lui sta li', da Lisa, per un paio di settimane, il tempo di trovare una casa definitiva per l'anno che dovra' passare li' a studiare produzione cinematografica. Per mia fortuna Lisa e' una couchsurfer (avevo promesso di parlarne ma poi mi sono scordata). In breve una comunita' on line di viaggiatori che mettono a disposizione le proprie risorse per altri viaggiatori che passano dalle rispettive citta'. Ti offrono un letto a casa loro, ti portano in giro a vedere la citta', organizzano ogni giorno qualcosa da fare, ti san dare qualsiasi tipo di risposta a qualsiasi tua richiesta. Io per ora sono couchsurfer solo teorica. Cioe' a Boston li frequentavo: andavo a feste di compleanno di sconosciuti, andavo alle feste settimanali, approfittavo del loro blog per le mie domande. Da oggi sono una couchsurfer a tutti gli effetti. Ho fatto la richiesta a Lisa di essere ospitata da lei ed eccomi accolta da Lisa e Uazza!
Avevo gia' visto Manatthan molto bene 3 anni fa e non avevo particolari esigenze turistiche, cosi' i week end si e' tradotto in un inconsueto girare per Brooklin, accantonare la NY che si conosce e scoprire che i sobborghi riflettono una poverta' che Manatthan ti nasconde. Tanti ghetti, tanto disordine, tanta sporcizia. Ma tanto caratteristica. La NY che non ti aspetti.
Intanto cerchiamo casa per Uazzi che in una settimana deve sistemarsi.
Domenica a cena in un ristorante mediorientale che propone piatti di humus, faccio poi l'ncontro desiderato: Ori, l'americano conosciuto in un indimenticabile pomeriggio a Tarragona, durante una gita erasmus. Ci conosciamo da 5 anni, non ci vediamo da 3 e avremo condiviso meno di 10 giorni in totale, ma siamo amici per davvero. I really care about him. Oltre a farmi ricordare dettagli del passato che avevo completamente scordato, mi racconta un sacco di novita', e fondamentalmente una gran bella idea di business sul fundraising per giovani produttori. Che coincidenza.... Uazza sorride.. Brindiamo alla sua imprenditorialita' e alla casa che forse Uazza ha trovato. E alla festa bucolica a Spello (grande Spello!) che organizzeremo a obiettivi raggiunti. Una di quelle cose impossibili che pero' ti fa ridere per 20 minuti. Sono felice e commossa quando lo saluto.. Chissa' quando lo rivedo.. Ma poi penso che Ori e Uazza diventeranno amici di sicuro e quindi recupero l'entusiasmo.
Vado a letto sorridente anche quando, mettendo la sveglia, l'orologio mi dice 3 h e 50 minuti al risveglio. Alle 5,30 sono in piedi per andare a prendere un nuovo Megabus, per la vera destinazione del mio viaggio...

venerdì 22 agosto 2008

Flashback

Ma facciamo un passo indietro.

Un paio di settimane fa il pensiero che entro breve avrei finito il corso e che avevo dei giorni liberi prima di volare verso casa.
Boston mi ha dato tutto quello che doveva. E' stata gentile e accogliente, a tratti divertente, a volte introspettiva, ogni tanto solitaria. E molto educativa. Son stata bene.
Ma sono inquieta.
In realta' mi pulsa il desiderio di partire.
C'e' una mappa degli States in camera mia... Come non guardare dove sono, cosa ho gia' visto e l'immenso che mi resta da scoprire.
Mi guardo un po' intorno, ma so benissimo dove voglio andare.
Mi metto a letto col pc sulle ginocchia e comincio a verificarne la fattibilita'. Senza dimenticare che ho una camera a Boston gia' pagata. Non so se me la sento di lasciarla vuota e partire, sarebbe molto inefficiente. Ma ormai il pensiero e' diventato una fissa alla quale non so piu' resistere. Testarda, in un modo o nell'altro io lo voglio fare.
Senza crederci davvero metto un annuncio su craiglist per subaffitare la mia camera. Sto bassa per attirare l'attenzione. Tempo un'ora e mezza mi rispondono in 8 interessati (saranno 35 nel giro delle 48 ore successive), con qualcuno che giocava anche al rialzo per averla per primo.
E' vero, studio business, e dovrei agire razionalmente, ma e' vero anche che lavoro nell'ufficio del prof. Pilotti dove aleggiano etica e condivisione, circoli virtuosi e network. Decido che ci voglio credere. Cosi' chiamo il primo della lista e non quello che offriva di piu'. La camera e' sua per 150 dollari: il mio budget per il viaggio.
In un momento realizzo che ha funzionato e che questo diventa il pass per la mia partenza. Strumento e insieme obiettivo del mio viaggio.
One goal: 9 gg, 2177km, 4 paesi, 2 lingue, 150$.
One strategy: sharing
One rules: travelling safe. Prometto che non barattero' la mia incolumita' per qualche dollaro.
Io vado!

More

Giovedì.
Vado a lezione di vela. L'ultima.
Consegno il final paper a lezione. L'ultima.
Usciamo dalla classe, io e Jon, ci guardiamo, sorridiamo e buttiamo via i quaderni insieme. Per me finisce un'esperienza. Per lui pure. E' laureato.
Siamo in macchina e vedo l'uni farsi sempre più piccola fino a scomparire. Mi piaceva quel posto. Ma con la testa sono già altrove.

Somethimes all we want is a taste,
other times, there is no such thing as enough.
The glass is bottomless, and all we want is more.

More tequila,
more love,
more anything,
more is better.

Faccio le valigie,
ma non per tornare,
per ripartire..

mercoledì 20 agosto 2008

Immersa nell'inconsueto

Durante il branch very American di domenica, Shahriar (il mio amico mezzo iraniano e mezzo indiano) aveva deciso che dovevo testare la cucina indiana. Detto fatto, stamattina vado a fare un giro ad Harvard prima del pranzo etnico. Non che Harvard deluda, ma rispetto allo stile di Boston l'ho trovata un po' sotto tono, davvero poco originale e molto serioso. Ed enooooorme. Gigante, una piccola città dentro Cabridge. In più la fame mi faceva correre veloce attraverso le mille viette senza farmi godere degnamente quell'aria di eccellenza accademica. Alle 2 sono da Shariar, davanti al suo laboratorio all'MIT. E' un ufficio che sembra un magazzino, con macchinari giganti, fili ovunque e rottami: un' officina. Sta lavorando su un esperimento di fisica con del liquido magnetico e degli aggeggi stranissimi e mi porta a vedere tutte le tecnologie disponibili. Succedono cose incredibili lì dentro. Formule incomprensibili a un cervello disabituato e esperimenti in atto con enormi turbine capaci di creare voltaggi esorbitanti. Rimango allibita da tanta potenza. Lui percepisce il mio sorprendermi e mentre cerca di spiegarmi come funziona mi fa giocare coi magneti. Mi chiedo come possa essere far parte di tutto ciò. Mi dimentico anche della fame lì dentro..
Arriva l'ora dell'indiano. Buffet open. Non so cosa scegliere e prendo tutto. Sarà che è un mese che mi cucino solo pollo, riso e frittate (sto ancora cercando di farmene venire una per bene), ma l'ho trovato fantastico. Ci stava proprio questo salto in Oriente.
Tornando verso l'uni si offre di farmi da guida all'MIT, mi porta ovunque e scopro cose eccezionali, edifici di designer e architetti famosi, esperimenti sul traferimento di onde tramite la luce, si trovano auto nei laboratori che studiano nuovi sistemi elettrici e gente che soffia il vetro. Mi porta sul tetto della cupola, nei tunnel sottoterra, nel laboratorio dove è stato ideato il primo cellulare. Ogni metro quadrato di quel posto ha qualcosa da raccontare. E' tutto così geniale e perfetto lì dentro. Mi sento quasi stupida a entusiasmarmi per tutto. Ma è quello che è.
Chiudiamo con un sacco di chiacchere davanti a un caffè. Son passate 5 ore e non mi sono neanche accorta.
Poi, come ormai usuale, riattraverso il ponte a piedi per tornare a casa. Felice.
Spendidi racconti oggi.

martedì 19 agosto 2008

East coast by the sea


E finalmente fu l'oceano.
Con un'ora di trenino sono a Manchester-by-the-sea station. 3/4 di miglia a piedi e affondo i piedi nella sabbia di Singing Beach. Sabbia fine, oceano quieto e un marasma di bambini scatenati con l'energia dei leoni che penso: sei così piccolo, dove la tieni tutta sta voglia?
Davvero una splendida giornata. Non potevo più stare lontano dal mare. Mai passato un agosto così cittadino. Ci voleva.
Sono compleatamente bruciata, ma se questo è il prezzo da pagare per vincere un pallore non consono alla stagione, allora ci sto.

sabato 16 agosto 2008

Supercut

Da un giorno all'altro decido che ho necessariamente bisogno di un parrucchiere.
Forse non ne ho davvero necessariamente bisogno, ma mi son fissata che son troppo lunghi.
Senza perdere di vista la questione bugdet, cerco su google "cheap hairdresser in boston back bay". Lo voglio vicino a casa, non tanto per la strada che devo fare per andarci, ma per quella che devo fare al ritorno con un taglio o una piega che magari c'è da vergognarsi. Allora meglio vicino a casa che così corro subito a sistemarli.
Trovo solo Supercut, una catena di franchising con dei commmenti della gente da aver quasi paura ad entrare. Ma io mi son fissata e se questa è l'unica alternativa, io ci provo.
In fondo che devo fare? Accorciare e scalare. Cerco sul vocabolario: shorten and layer.
Mi avvio. Entro da Supercut. Capisco subito che i commenti erano veritieri. Ad accorgliermi una mescola di immigrati che di parrucchieri avevano solo le forbici, un salone non proprio stiloso e nessun cliente prima di me.
Va beh, penso che devo solo shorten & layer.
La commessa alla cassa (si paga prima, bah..) mi chiede cosa voglio fare. Sfodero la frase pronta. Lei guarda sul tabellone e mi dice 14,50$. Guardo anche io sul tabellone e vedo sotto "cut 14,50$", "cut with shampoo 17,50$". In una frazione di secondo capisco che la mia scelta non prevede lo shampo. Sempre in una frazione di secondo mi stupisco, chiedendomi come facciano a tagliare i capelli senza lavarli, e le dico che voglio lo shampo.
Perplessa mi accomodo, le spiego quello che voglio un po' in spagnolo e un po' in inglese, non sperando di certo in una riuscita entusiasmante, ma almeno non vergognosa.
Quando finisce, il taglio mi sembra a posto.
Aspetto di spiegarle come asciugarmeli e lei mi dice: ok, finito.
Finito?
Ho i capelli bagnati. Finito?
(Are you sure? penso tra me e me)
In una ennesima frazione di secondo mi viene in mente che il cartellone diceva "cut with shampoo", ma non diceva piega. E senza piega esci coi capelli bagnati. Guardo sul tabellone la terza opzione. Prevede la piega ma con una spesa di 7 dollari in più. Penso che quasi quasi la faccio, ma poi penso anche che uscire dal parrucchiere coi capelli bagnati non mi sarebbe più capitato nella vita. Ringrazio e scendo in strada che sembro appena uscita dalla doccia.
Così ora quando vedrò qualcuno per strada coi capelli bagnati saprò che è andato da Supercut.
E' un po' come andare all'Agip a fare benzina e tornare senza tergicristalli. Così quando vedi una macchina senza tergicristalli sai che è andata all'Agip. Un marchio di qualità insomma.
Che emozioni meravigliose questo paese...